Sono in arrivo mille miliardi di euro in dieci anni per l’economia verde, il Green Deal promosso dalla Commissione Europea: la notizia, lanciata nei giorni scorsi, ha avuto un grande risalto. Quando si parla di finanziamenti si accendono le menti di tante persone, ma il Green Deal è una cosa seria ed è destinato ad avere un grosso impatto sul sistema moda europeo e quindi anche sulla catena produttiva italiana.
Innanzitutto nel pacchetto del Green Deal un grande spazio viene dato all’economia circolare e alle misure che dovranno accompagnare l’industria a cambiare il proprio modello di business: eco-design, materiali riciclati, riuso, saranno le parole d’ordine dei prossimi anni.
L’action plan sull’economia circolare
La Commissione Europea ha aperto la consultazione pubblica sull’action plan sull’economia circolare (scade il 20 gennaio il termine per partecipare, avete ancora qualche ora per dare la vostra opinione). Praticamente si tratta di un documento in cui vengono sintetizzati i punti centrali del nuovo action plan che sta per essere emanato: la procedura europea prevede che ci sia un momento di ascolto dei soggetti interessati. Nell’action plan salta agli occhi che il tessile è uno dei settori che sarà più coinvolto dalle nuove normative che saranno emanate nei prossimi mesi. Non potrebbe essere altrimenti, visti i numeri incredibili dei rifiuti tessili che stiamo accumulando, grazie a un modello di consumo diventato insostenibile.
In arrivo una normativa sulla trasparenza delle etichette
Nel caos della comunicazione della sostenibilità, la Commissione Europea annuncia di voler mettere ordine una volta per tutte. Il consumatore finale verrà messo in condizione di fare scelte consapevoli sull’impatto del proprio stile di vita, annuncia l’action plan, creando “misure che consisteranno nel fornire informazioni affidabili, verificabili e comparabili sulla sostenibilità dei prodotti”. Si andrà così a colpire il fenomeno del greenwashing, cioè quella pratica di marketing incentrata su informazioni poco verificabili relative alla sostenibilità dei prodotti che in alcuni Paesi sono già finite nel mirino dei giudici
Il piano d’azione, che dovrebbe essere pubblicato a marzo, dopo che saranno stati analizzati i risultati della consultazione pubblica, tocca diversi temi. Si annuncia la revisione della legislazione sui rifiuti, anche per incentivare la valorizzazione delle materie prime secondarie e la creazione di un mercato che le valorizzi. Quindi numerose tipologie di scarti tessili che adesso finiscono in discarica, potranno essere recuperati, grazie anche a investimenti che l’industria dovrà fare per potenziare le possibilità di recupero. Naturalmente queste attività saranno finanziate, ma il mondo della moda potrà avere a disposizione una maggiore quantità di materiali riciclati con i quali lavorare e potrà rivolgersi in misura minore ai materiali vergini.
In arrivo finanziamenti per la moda sostenibile
Proprio a questo fine saranno incentivati lo studio e la progettazione di prodotti sostenibili, anche nel settore moda. Ma prima di arrivare al riciclaggio, sarà data priorità al riutilizzo e alla riparazione. Per i materiali riciclati andranno superati quegli ostacoli al loro impiego legati al loro prezzo, alla preoccupazione sulla loro sicurezza, qualità e prestazioni. C’è anche coscienza da parte della Commissione Europea che spesso il riciclaggio è anche ostacolato dalla presenza di sostanze problematiche nei rifiuti, che magari erano permesse quando i capi sono stati realizzati e che oggi si ritrovano nei materiali riciclati, anche se proibiti dalla normativa.
Il caso degli APEOS
In questa categoria rientrano, ad esempio, gli APEO (Achilfenoli Etossilati). Si tratta di tensioattivi che sono utilizzati nell’industria tessile perché hanno un’azione solvente e detergente. Sono però particolarmente pericolosi per l’ambiente, in particolare per gli organismi acquatici. Queste sostanze sono state trovate nei fiumi, nelle falde acquifere e anche nella catena alimentare umana: praticamente li mangiamo insieme ai pesci. Il principale effetto di queste sostanze è quello di alterare lo sviluppo sessuale degli organismi: sono praticamente la causa del fenomeno della femminilizzazione dei pesci. Queste sostanze oggi in Europa sono vietate, ma sono invece permesse in altri Paesi. Ma soprattutto essendo ampiamente utilizzati fino a qualche anno fa, quando si analizzano le fibre riciclate se ne trovano tracce più o meno evidenti. La normativa europea ha imposto un limite molto ristretto alla presenza di queste sostanze, ma se non viene modificato per i materiali riciclati, il rischio concreto è quello di bloccare il riciclo di certe fibre, quelle laniere in particolare. Quale sarà la scelta della normativa europea? si modificherà il limite per il materiale riciclato oppure rimarrà invariato? Prevarranno le ragioni dell’economia circolare? Di situazioni simili a quelli degli APEOS ce ne sono diverse nel settore moda, anche per altre sostanze: se l’economia circolare è davvero una priorità per l’Europa lo capiremo anche dalle scelte che verranno fatte in questi casi.
Dal generale al particolare: il ruolo della politica
L’action plan sull’economia circolare, così come l’intero Green Deal, non riguardano solo il settore tessile e moda, ma in generale tutta l’industria europea. Abbiamo imparato già in altre situazioni che ci sono lobby più potenti di quelle del tessile e la catena produttiva è in gran parte concentrata in Italia. Per questo l’attuazione di questo piano passa in buona parte dalla politica e dalla capacità di far valere le ragioni del settore, per evitare che, come capita più spesso di quanto si creda, una normativa generale non vada a sacrificare interessi particolari, che però sono ugualmente importanti. Dobbiamo far sentire la nostra voce, insomma.
L’obiettivo è ambizioso: ridurre del 40 per cento le emissioni di CO2 nei prossimi dieci anni e soprattutto azzerare l’impatto climatico dell’Europa entro il 2050. Per farlo è necessario tornare a investire, a fare ricerca. Il mondo della moda, che ha scoperto la sostenibilità e che negli ultimi mesi annuncia di voler salvare il pianeta, vorrà sicuramente fare la sua parte.
Se il “vecchio” è inquinante non lo possiamo riusare nel riciclo!
Tanto per chiarire, non ricicliamo i manufatti di amianto.
Certo Giampaolo. Questo crea diversi problemi nella moda, perché ci sono capi di abbigliamento che sono stati realizzati anche vent’anni fa, quando la normativa era diversa, e possono contenere sostanze che oggi non sono ammesse.