La moda e la chimica: una relazione complicata, ma che non possiamo fare a meno di prendere in considerazione quando parliamo di sostenibilità.
Ne parleremo in questo episodio, grazie anche all’intervista con Chiara Campione, capo della Unità Corporate e Consumer di Greenpeace Italia. Greenpeace otto anni fa ha infatti promosso la campagna Detox, che è stata rivoluzionaria per il settore moda. L’obiettivo con la quale è stata creata era quello di sensibilizzare i brand, la catena produttiva, i consumatori a impregnarsi per azzerare l’impatto della chimica sulla produzione tessile. Il termine entro il quale raggiungere questo ambizioso obiettivo era il 2020, praticamente oggi.
L’obiettivo dell’Impatto Zero
Non abbiamo raggiunto “l’impatto zero“, ma molti passi avanti sono stati fatti, grazie alla provocazione e all’impegno di Greenpeace. E’ stata predisposta una lista di sostanze pericolose da eliminare ed è stato imposto alle aziende che hanno deciso di aderire alla campagna di trovare delle sostanze sostitutive. Secondo i dati dell’organizzazione internazionale, oggi il 15% degli abiti nel mondo vengono messi sul mercato da brand che hanno sottoscritto l’accordo.
Destination Zero con ZDHC
I brand hanno anche cercato di “misurare” questo loro impegno, soprattutto per essere certi che la catena produttiva rispettasse davvero i parametri senza metterli nei guai: il danno d’immagine per la scelta di un fornitore sbagliato è un costo molto salato da pagare (ne parlo nell’episodio del podcast dedicato al Greenwashing) . Per questo è nato il protocollo ZDHC, promosso dalla fondazione Zero discharges of hazardous chemicals. Il funzionamento del sistema si basa su un documento che si chiama MRSL, Manufacturing Restricted Subastances List: un elenco di sostanze chimiche di cui è proibito o limitato l’utilizzo nei processi produttivi. La catena produttiva, se vuole lavorare con il brand, deve rispettare questi parametri.
La campagna Detox di Greenpeace ha quindi dato uno slancio decisivo al cambiamento nel rapporto tra moda e chimica: ci sono stati distretti produttivi italiani, come quello di Prato, che hanno aderito in maniera importante alla sfida, aziende che hanno iniziato a lavorare da anni per la costruzione di una strategia di sostenibilità.
Obiettivo: eliminare i PFC
Ma c’è ancora molta strada da fare. Greenpeace fin dall’inizio della campagna Detox ha puntato il dito contro l’uso dei PFC, i perfluorocarburi. Sono sostanze pericolose caratterizzate da un’elevata persistenza e difficile biodegradabilità, che possono restare nell’ambiente per centinaia di anni. Sono molto utilizzati nell’outdoor perché garantiscono la idrorepellenza: alcuni brand li hanno eliminati, ma molti altri li stanno usando e non si impegnano nella ricerca di sostanze sostitutive, che adesso sarebbero anche disponibili.
E il consumatore come fa a sapere se sta acquistando un capo PFC Free? Non può saperlo, a meno che non faccia ricerche attente. L’etichetta dei capi non ci aiuta a fare delle scelte consapevoli.
Nell’intervista Chiara Campione, capo della Unità Corporate e Consumer di Greenpeace Italia, ci porta alla scoperta della campagna Detox, degli obiettivi raggiunti e di quelli futuri.
Insomma, anche in questo episodio abbiamo parlato di tante cose. Buon ascolto.