La normativa EPR sulla responsabilità estesa del produttore è uno dei temi più caldi in questo momento: l’Italia ha presentato agli stakeholder una prima bozza di decreto, alcuni Paesi europei stanno facendo le proprie scelte, l’Europa vorrebbe fare sintesi, ma per adesso non ci sono ancora i presupposti per una proposta comune. E’ stata approvata dalla Commissione la proposta sulle modifiche da apportare alla Direttiva sui Rifiuti, che dovrebbe occuparsi di questo tema, ma quello dello schema normativo unico è solo una opzione, anche se è quella caldeggiata dagli uffici di Bruxelles.
Quello che è certo è che l’Italia sta continuando a lavorare sulla bozza di decreto e presto potrebbe essere pubblicata una nuova versione. Ne ho parlato con l’avvocato Filippo Bernocchi, esperto in diritto dell’ambiente e docente di Circular Economy alla Luiss Business School.
Uno strumento di politica industriale
In un mercato che sta attraversando un momento un po’ fiacco, con ordini che tardano a concretizzarsi, consumi ridotti, una attenzione sempre maggiore alla sostenibilità e l’affermarsi di un nuovo profilo di consumatore, è impossibile non guardare alla normativa EPR sui tessili come a una grande opportunità per mescolare le carte e dare un nuovo slancio al mercato della moda. Trasformare in risorse i nostri scarti e gli abiti usati in materiali da riutilizzare, non solo nel ciclo di produzione tessile, ma anche in altri settori, sta diventando appetibile per tanti soggetti. “ Si tratta di uno strumento di politica industriale”, ha commentato l’avv. Filippo Bernocchi nell’intervista che potete ascoltare nell’episodio del podcast. Ne sono convinta anche io, a condizione che rappresenti un’opportunità per tutta la filiera e che soprattutto attivi percorsi virtuosi all’interno del sistema moda. Per essere più chiara, deve essere favorito l’utilizzo dei materiali all’interno del settore, che deve imparare ad essere circolare ed evitare il downcycling; invece mi rendo conto che gli scarti tessili sono un materiale appetibile anche per altri settori e questo potrebbe avere una influenza determinante sulle regole del gioco.
E’ pronta una nuova bozza del decreto italiano?
Lo scorso febbraio il Governo italiano ha presentato agli stakeholder una bozza di decreto EPR sui tessili. Il documento ha scontentato tutti ed è stata avviata la raccolta di osservazioni. Adesso sembra che sia pronta una seconda bozza, che in parte cerca di rispondere ad alcune delle questioni più controverse, ma che sembra volare sempre molto alto. Non ho letto la bozza, ma è quanto riferisce l’avv. Bernocchi nell’intervista.
Uno sguardo alle varie esperienze europee
Secondo l’attuale normativa europea si richiede semplicemente agli Stati membri di istituire raccolte separate per i tessili entro il 2025, anche se i singoli Stati hanno potere generalizzato di creare regimi di responsabilità estesa del produttore. Ma l’obbligo di raccolta costituisce un piccolo pezzo del puzzle per garantire un’adeguata gestione dei tessili usati e di scarto e può essere solo l’inizio del passaggio verso il raggiungimento di un’economia tessile circolare.
La Francia è attualmente l’unico paese con un sistema EPR tessile operativo, in vigore dal 2008. Una legge che introduce un sistema EPR tessile in Svezia è stata emanata il 1° gennaio 2022, ed entrerà in vigore il 1° gennaio 2024. Il regime olandese è entrato in vigore il 1^ luglio. Spagna e Italia hanno elaborato delle proposte, ma ancora non c’è niente di definito.
Nel regime EPR francese sono inclusi tutti i prodotti di abbigliamento, scarpe e accessori; sono inclusi anche alcuni prodotti di biancheria per la casa, tra cui asciugamani, tovaglie e tende. Non fa riferimento tessili provenienti da scarti di produzione o capi invenduti, come scorte danneggiate, fine magazzino, o resi.
I produttori devono pagare l’eco-contributo, ma possono ridurre la quota da versare se applicano alcuni comportamenti virtuosi. Secondo il rapporto 2020 di Re_Fashion, l’organizzazione che ha gestito l’EPR per conto del Governo fino al 2022, nel 2020 solo lo 0,7% degli articoli ha usufruito di questi bonus.
Nella proposta di EPR svedese sono inclusi l’abbigliamento e gli accessori, ma non le scarpe. L’esplicita esclusione delle scarpe potrebbe essere dovuta a una serie di motivi: ad esempio, la natura materiale mista del prodotto, la potenziale contaminazione con gli articoli con cui vengono raccolti, l’attuale mancanza di mercati finali. I sacchi a pelo, classificati come prodotti “per il tempo libero”, sono inclusi nello schema EPR svedese, tuttavia, gli articoli per la casa ingombranti come mobili e materassi sono esplicitamente esclusi, secondo quanto riferito a causa della scarsa fattibilità tecnica e fattibilità economica della raccolta differenziata e del riciclaggio. Anche i tessuti tecnici sono esclusi per lo stesso motivo.
Nell’ambito del sistema EPR olandese l’abbigliamento è incluso, ma non sono menzionati né gli accessori né le scarpe; è compreso l’abbigliamento da lavoro. Il regime EPR olandese esclude inoltre esplicitamente i prodotti “per il tempo libero” come coperte, vele e tende, nonché quei prodotti che rimangono invenduti come scorte morte e resi.
In sintesi i due problemi maggiori sono quello di definire il perimetro dell’EPR e di decidere chi è responsabile dell’immissione dei prodotti, della loro gestione, etc. Ma soprattutto è centrale capire a chi appartiene la materia prima seconda, ad oggi difficile da gestire, ma che già nei prossimi messi potrebbe diventare un tesoro da sfruttare.
L’intervista a Filippo Bernocchi
Fatta questa sintesi sul quadro europeo, torniamo nuovamente in Italia. Come ci stiamo muovendo, che scelte stiamo facendo? Ne ho parlato con l’avvocato Filippo Bernocchi, esperto in diritto dell’ambiente e docente di Circular Economy alla Luiss Business School in questa intervista.