Per anni New York è stata una delle capitali della moda, una città popolata di creativi, dove andare a caccia di nuove tendenze; ma era anche un luogo in cui l’industria della moda aveva un ruolo importante. Opportunità creative e commerciali hanno rappresentato un mix perfetto per questa porta di accesso al mercato americano.
Negli Stati Uniti, New York City ha una delle più alte concentrazioni di vendite, talenti e occupazione nel settore della moda. Si parla di 50 miliardi di dollari alle vendite dirette, 45 miliardi di dollari alle vendite indirette e oltre 130.000 posti di lavoro nel 2022. Un dato legato quindi alla città come capitale dello shopping, anche se dopo il Covid la situazione non è più così rosea.
Non solo: la città conta oltre 2.600 laureati in città, che hanno ricevuto titoli e certificati specifici nel settore della moda nel 2022. Anche in questo caso il dato è in diminuzione. New York non è più in grado di attrarre talenti nel mondo della moda, perché i designer non trovano qui le opportunità per far crescere i propri brand o concretizzare in maniera produttiva la propria visione.
La produzione si è spostata altrove ed è quindi impossibile per un designer indipendente creare dei capi che raggiungano il mercato. Questo scenario è fotografato dallo studio di McKinsey “At a crossroads: New York’s status as a global fashion capital“. L’incapacità di attrarre talenti e di creare un humus favorevole per farli crescere, rischia di lasciare la città orfana di menti creative nel mondo del fashion. D’altra parte l’industria della moda, soprattutto nel lusso, ha subito un forte consolidamento, guidato dai conglomerati europei: circa il 98% della crescita economica nel segmento del lusso delle aziende del fashion è controllata da sole quattro aziende con sede in Europa: Hermès, LVMH, Kering e Richemont. Questo significa che mancano anche spazi di lavoro in cui fare esperienza.
La moda sostenibile come occasione di rilancio
Lo scenario è profondamente cambiato rispetto a qualche anno fa e anche se New York ha l’ambizione di diventare la capitale della moda sostenibile, l’assenza della filiera produttiva rende di fatto impossibile raggiungere questo obiettivo. La California sta invece giocando bene le sue carte e non è un caso che provengano proprio dallo Stato della California le normative più innovative (e restrittive) sul fashion.
Il miglio quadrato del Garment District a Midtown un tempo ospitava un ecosistema completo di produttori, designer e fornitori. E’ qui che è nata la moda di massa, all’inizio del Novecento; è qui che si è iniziato a commercializzare i capi disegnati dagli stilisti francesi per renderli disponibili nei grandi magazzini. Poi la produzione dei capi si è spostata in Asia o è stata delocalizzata in altre zone e a New York è rimasta la capitale dello shopping.
“Gli Stati Uniti sognano la moda Made in USA“, raccontavo un paio d’anni fa in un articolo del blog, dove parlavo di nuove città lontane da New York che cercano di diventare luoghi di produzione tessile e abbigliamento. Stare a New York è diventato insostenibile economicamente per chi vuole creare un progetto nel settore e allora ci sono aree ex industriali, come quelle intorno a Detroit, che possono mettere a disposizioni spazi ampi e prezzi contenuti. Lì si stanno concentrando i creativi più interessanti, che cercano di fare un prodotto “Made in Usa”. Ma quell’obiettivo è ancora lontano.
Produrre moda negli Stati Uniti non è semplice, come racconta Rachel Slade nel suo libro “Making it in America”, che ho recensito qui. Con un territorio in gran parte agricolo, gli USA sono grandi produttori di cotone e stanno provando a coltivare la canapa in Texas, ma le filature e le tessiture sono quasi inesistenti, anche in quelle aree che per decenni hanno vissuto su questo settore, come ad esempio la Pennsylvania. Quel know how se n’è andato e adesso è complicato tornare a produrre, anche se gli americani ci stanno provando con investimenti importanti. La creatività si basa sulla sperimentazione e sulla possibilità di dare forma a un progetto: talento e produzione vanno di pari passo. Quando questo meccanismo si inceppa, non si riesce più a creare bellezza.