A volte è difficile immaginare l’applicazione concreta di normative di cui sentiamo tanto parlare e che hanno un certo livello di complessità. Tra questi, il nuovo regolamento sulla progettazione ecocompatibile dei prodotti (ESPR) adottato dall’Unione Europea il 23 aprile, ed entrato in vigore il 18 luglio, è al centro di tante conversazioni, ma capire come cambierà il modo di progettare e condividere le caratteristiche di un capo di abbigliamento non è così accessibile.
C’è una piattaforma francese realizzata da Glimpact, (con il supporto della Commissione Europea, ma non è una piattaforma ufficiale UE), che permette di simulare il “Global Impact Score” di un capo, calcolando l’impatto ambientale dell’abbigliamento in base alla metodologia Product Environmental Footprint (PEF) dell’Unione Europea. I risultati di queste simulazioni dimostrano che l’applicazione della PEF con i suoi 16 indicatori, così come progettata fino ad oggi, metterà in grossa difficoltà le fibre naturali e quelle animali in particolare.
Perché? La misurazione dell’impronta di prodotto è alla base della nuova etichettatura dei capi e i consumatori si troveranno a leggere una etichetta che fornisce un lasciapassare di sostenibilità alle fibre sintetiche, mentre le fibre animali saranno marcate come molto impattanti. C’è anche da tenere conto che il consumatore è disponibile a seguire suggerimenti di consumo più economici, che permettano di acquistare un maggior numero di capi: con la PEF questa scelta potrà essere supportata anche da un sistema che ha basi scientifiche, mettendo praticamente fuori mercato un gran numero di fibre. Non solo: la produzione di fibre naturali è collegata alle comunità dove vengono create, sono determinanti per il loro benessere e sono anche un presidio culturale per non perdere certe tradizioni.
Come funziona Glimpact
Ho utilizzato la piattaforma per capire meglio. Una volta registrati (l’accesso è gratuito) si possono avviare le simulazioni. Sono caricati alcuni “prodotti tipo”, che servono soprattutto per prendere confidenza con lo strumento. Ma è possibile anche inserire i prodotti di cui si vuole simulare la misurazione PEF
Ho fatto il confronto tra una t-shirt in poliestere (colore verde nel grafico sotto) e una t-shirt in cotone (in grigio). Si tratta di due articoli che sono disponibili all’interno della piattaforma. E’ evidente che il cotone risulta più impattante su tutti i fronti.
Ho poi preso una maglia in poliestere (verde) e l’ho confrontata con una di lana (grigia): le differenze di impatti sulla materia prima sono incredibili. La lana secondo questa simulazione ha un impatto 80 volte superiore al poliestere.
La rivista Apparel Insider ha fatto un lavoro più approfondito sulla piattaforma, inserendo lo stesso articolo ma in fibre diverse: gli impatti della lana sono disarmanti. E’ evidente che l’applicazione della PEF può cambiare il futuro del settore: con questo tipo di biglietto da visita, le fibre animali appaiono impresentabili.
Glimpact offre anche alcune simulazioni sugli impatti delle varie fibre. Nel grafico sotto (dove furbescamente sono inseriti quasi esclusivamente fibre sintetiche e non le fibre naturali per non far vedere il funesto confronto), l’acetato sembra essere quello più impattante.
Il metodo PEF costituisce quindi oggi il quadro di riferimento unico per l’applicazione dell’ESPR secondo benchmark settoriali che verranno definiti dalla Comunità Europea. Per il settore dell’abbigliamento e delle calzature, la Commissione Europea ha sviluppato, con il contributo degli stakeholder del settore, un quadro settoriale dedicato: il “PEFCR Abbigliamento e calzature”, completato lo scorso giugno. L’introduzione del PEF è prevista per il 2026, quindi c’è poco tempo per incidere.
La campagna di “Make the Label Count”
“Make the Label Count” è una coalizione internazionale di ONG, di imprese, di associazioni, che operano nel mondo delle fibre naturali a vario titolo e che si stanno muovendo per chiedere la revisione della PEF. La coalizione ha avviato un dialogo con la Commissione Europea per sensibilizzare i decisori che ci sono aspetti fondamentali relativi alla misurazione degli impatti che ad oggi non vengono considerati e che penalizzano gravemente le fibre animali.
In particolare si richiede l’inserimento di un indicatore per la misurazione delle emissioni di microplastiche, un aspetto sul quale c’è stata un’apertura da parte della Commissione e che metterebbe in difficoltà i sintetici. Si tratta però di un indicatore molto difficile da costruire, non essendoci ancora una metodologia unica per la misurazione delle microplastiche.
La coalizione chiede anche l’inserimento di un indicatore sulla circolarità, un elemento che non viene considerato da nessuno dei 16 indicatori che ad oggi fanno parte della PEF; anche questo è un aspetto che valorizza le fibre naturali a scapito di quelle sintetiche.
Un forte impatto riguarda anche il differente confine della misurazione tra i materiali provenienti da fonti rinnovabili (quelli naturali) e quelli non rinnovabili (i sintetici). Il ciclo di vita dei materiali non rinnovabili, come i combustibili fossili estratti dalla crosta terrestre, esclude i processi che impattano sul sistema Terra (come l’antica fotosintesi e i processi geologici) e che portano a
la loro formazione. Il ciclo di vita delle materie prime rinnovabili, come le fibre naturali prodotte in azienda, comprende invece i processi coinvolti nella formazione delle fibre, come le emissioni di gas serra, l’uso dell’acqua e l’occupazione del suolo. Qui si crea una forte disparità nelle misurazioni.
Insomma, vista così la PEF per il settore abbigliamento sembra poter creare più di un problema e le simulazioni con Glimpact possono essere utili a prendere confidenza con il problema. E pensare a come reagire.