Conoscere l’origine della materia prima con la quale è realizzata una fibra è ormai un esercizio al quale ci siamo abituati, e le certificazioni ci spingono a raccogliere le informazioni relative al TIER 4, per una tracciabilità completa. Sapere se una fibra naturale proviene da una zona a rischio deforestazione o se sono stati rispettati standard sociali già dalla fase di coltivazione/allevamento è importante quando si parla di fibre responsabili. Si può fare la stessa cosa anche per le fibre sintetiche? con un sistema di tracciabilità adeguata si può arrivare a conoscere la zona da dove proviene il petrolio con il quale sono state realizzate queste fibre.

Un nuovo report dello Stand.earth Research Group (SRG) è riuscito a dimostrare che più di 100 giganti della moda di alto profilo utilizzano materie prime che hanno un collegamento con il petrolio e il gas fracking nel bacino del Permiano in Texas. Si tratta di una vasta regione che si estende tra il Texas ed il New Mexico, altamente sfruttata, che ha di fatto portato gli USA ad essere il primo Paese produttore di petrolio al mondo.

Le riserve di petrolio di quest’area sono in esaurimento: secondo le stime dell’Agenzia Internazionale dell’Energia le riserve potrebbero iniziare a calare a partire dal 2029. Per cercare di aumentare la capacità estrattiva nella zona di gas e petrolio, da circa 20 anni si è iniziato ad utilizzare un metodo estrattivo che permette di recuperare le risorse che sono intrappolate in maniera più profonda nel terreno. Questa tecnica si chiama fracking ed è un processo di frantumazione idraulica che avviene iniettando nel terreno grandi quantità di acqua accompagnata da un mix di sostanze chimiche che, con grazie alla forte pressione, frantuma le rocce sotterranee e libera gli idrocarburi.

Da un punto di vista ambientale, il fracking può creare instabilità geologica, oltre a un forte rilascio di metano nell’aria, perché il processo disperde risorse volatili che non vengono canalizzate. Infine le acque utilizzate per il fracking non vengono depurate o riciclate, ma vengono lasciate nel terreno.

Utilizzando dati doganali, dati di esportazione/importazione, documenti aziendali, documenti informativi dei fornitori e presentazioni degli investitori, Stand.Earth Research Group ha creato la Fracked Fashion Map di SRG, consultabile liberamente: collega la catena di fornitura dal Texas a più paesi, alla conversione dell’etano in poliestere, alla produzione dell’indumento e alla , infine, a 107 aziende della moda.

L’indagine della SRG rivela inoltre che solo 57 dei 107 marchi della moda indagati hanno politiche esplicite per eliminare gradualmente o eliminare il poliestere vergine, che è importante per ridurre le emissioni di carbonio. Di questi, la stragrande maggioranza si concentra sull’aumento del poliestere riciclato dalle bottiglie di plastica, che è una falsa soluzione che contribuisce comunque a sostenere l’industria del petrolio e del gas. Inoltre l’etano derivato dal fracking di gas naturale liquido, o “NGL”, nel Permiano viene utilizzato da produttori di tutto il mondo per realizzare innumerevoli prodotti rivolti al consumatore, tra cui calzature e prodotti di moda.

Negli Stati Uniti sono stati perforati più di 1,7 milioni di pozzi di fracking, che inquinano fonti idriche critiche, contribuiscono alla crisi climatica e mettono a rischio la salute di oltre 12,6 milioni di persone.

Il report dello Stand.earth Research Group dimostra che è possibile tracciare anche le fibre sintetiche fino al TIER 4, che si può fare una analisi sul ciclo di vita dei materiali sintetici accurata come quella che viene fatta sulle fibre naturali per determinarne l’impatto. Che è possibile identificare la zona di estrazione, l’impatto nell’uso di acqua ed energia, l’aspetto relativo alle emissioni, proprio come viene fatto per la lana o per il cotone. Solo arrivando allo stesso livello di approfondimento, può avere un senso fare una comparazione e se vogliamo che un consumatore faccia scelte consapevoli, deve conoscere anche questa parte della storia.