Sartoria e inclusione sociale e lavorativa delle donne
DI VIVIANA FOSSATI
Di tematiche come l’inclusione sociale e lavorativa, l’empowerment e la questione femminile se ne sta dibattendo molto. Come tali aspetti si intrecciano con il mestiere sartoriale? Come questo lavoro può favorire i processi di acquisizione della consapevolezza di sé e di conquista dell’indipendenza?
La fase di ricerca sul campo
Le risposte sono emerse a seguito di un percorso etnografico realizzato presso l’Associazione Spazio 3R Riciclo Ricucio Riuso Impresa Sociale con sede a Milano. Questa realtà propone corsi di formazione sartoriale di vario livello e opportunità di inserimento lavorativo in atelier per donne in situazione di vulnerabilità, come persone disoccupate, inoccupate o migranti; le fragilità dei soggetti sono viste in questo contesto come la base per nuove opportunità, piuttosto che come un limite. In un’ottica di sostenibilità e di recupero, i tessuti utilizzati nei laboratori sono tutte rimanenze di alta qualità provenienti da aziende o privati del territorio.
L’Associazione lavora quotidianamente avendo ben chiari gli obiettivi di sviluppo sostenibile presenti nell’Agenda ONU 2030, in particolare il numero 5 legato alla parità di genere; l’obiettivo 8, che auspica a un lavoro dignitoso e alla crescita economica; infine, con l’obiettivo 12 si intende sensibilizzare a un consumo e a produzioni responsabili.
Il lavoro come strumento di empowerment
Negli ultimi anni, il mercato lavorativo ha subito nuove trasformazioni: ai soggetti viene richiesta sempre più flessibilità, i contratti sono sempre più instabili e la produzione industriale è stata delocalizzata in Paesi dove la manodopera ha un costo minore. L’aumento della precarietà e dello stato di incertezza richiede di decostruire il concetto di lavoro a favore di nuovi significati antropologici e nuovi valori che vadano oltre l’aspetto retributivo. Svolgere un mestiere può essere la manifestazione di una passione e aiuta a tener occupati mente e corpo. L’allenamento costante sul luogo di lavoro permette anche una maggiore conoscenza di sé, delle proprie capacità e dà all’individuo la forza per raggiungere nuovi obiettivi. Nel momento in cui l’individuo capisce di essere in grado di gestire le difficoltà e riconosce il proprio valore ha inizio il processo di empowerment. Affinché questo avvenga è importante che l’organizzazione si allontani dalle logiche gerarchiche e autoritarie e favorisca un ambiente collaborativo e rispettoso.
Il lavoro sartoriale: tra conoscenza di sé e lavoro di squadra
Osservando nel dettaglio il mestiere sartoriale, emerge che questo lavoro ha un legame significativo con il processo di empowerment del soggetto, grazie alle peculiarità delle caratteristiche e del metodo che caratterizzano questa professione. In primo luogo, la sarta svolge un mestiere manuale che richiede il coinvolgimento del corpo nella sua totalità e i gesti sono radicati nell’esperienza corporea. I movimenti risultano inizialmente complicati, ma prende presto avvio un processo di incorporazione, ovvero di assimilazione di competenze attraverso il corpo. Anche la relazione con gli strumenti di lavoro migliora con il loro uso nel tempo, e il materiale può diventare una vera e propria estensione corporea: la sarta impara a utilizzare in modo adeguato le forbici, a posizionare le squadre, a controllare la velocità della macchina da cucire e così via. Tutti questi gesti richiedono che il soggetto impari a gestire i propri movimenti e prende avvio un processo di conoscenza di sé fondamentale in un percorso di empowerment; la sarta scopre le potenzialità del proprio corpo e acquisisce consapevolezza delle proprie capacità. Sono importanti anche altre qualità come la concentrazione, la precisione e la pazienza. Tutti questi aspetti richiedono un notevole impegno mentale e la capacità della persona di essere pienamente presente, sia a livello fisico, sia con un coinvolgimento attivo della mente.
L’intreccio tra attenzione mentale, abilità manuali e consapevolezza corporea dà avvio a un processo di crescita personale e professionale che porta la persona a sentirsi protagonista del proprio lavoro, a riconoscere il proprio valore e ad acquisire maggiore fiducia in sé. «Il lavoro ha portato molta più fiducia in me stessa, la responsabilità», cita una lavoratrice, «non c’è nulla di così difficile da non riuscire a impararlo».
Per confezionare un prodotto sartoriale sono necessari diversi passaggi che vanno eseguiti seguendo un ordine preciso. Può capitare che la sarta sbagli, ma tutti gli sforzi vengono ricompensati nel momento in cui termina: nel vedere il risultato finale, frutto dei gesti che lei stessa ha compiuto, la donna prova molta soddisfazione, riconosce di avere delle capacità e acquisisce fiducia in sé.
Il processo di confezione sartoriale esemplifica bene quello che è un percorso di empowerment proprio perché l’esito finale è frutto del lavoro del soggetto stesso. Inoltre, il processo di trasmissione di conoscenze avviene prima di tutto da parte di una figura più esperta, ma anche il gruppo stesso diventa fonte di apprendimento: la donna comprende così che, indipendentemente dalle sue caratteristiche personali, dalla sua storia e dalle sue fragilità, la sua presenza è essenziale per l’intero gruppo, e si crea quindi un clima di inclusione.
Tratto dalla tesi ““Dal riciclo tessile all’inclusione sociale e lavorativa di donne: come un’impresa sociale crea empowerment tramite la sartoria” – Tesi di laurea magistrale in Antropologia e Linguaggi dell’Immagine presso l’Università di Siena.
Cover Foto di Stay Grounded su Wikimedia Commons
BIOGRAFIA
Mi chiamo Viviana Fossati, ho 24 anni e sono di un paese in provincia di Monza. Sono cresciuta nella bottega di mia nonna che faceva la tappezziera, e il rumore delle macchine da cucire è sempre stato un sottofondo nei pomeriggi di gioco. Negli ultimi anni mi sono interessata sempre più alle tematiche della moda etica e sostenibile, in particolare alle implicazioni culturali e sociali che un modello di consumo sfrenato possono avere. Credo che il cambiamento debba partire dai piccoli gesti e dal riconoscimento delle dinamiche in cui viviamo. Ho conseguito la laurea triennale presso l’Università di Milano Bicocca in Comunicazione Interculturale con una tesi in cui ho approfondito la relazione tra gli abiti, il modello occidentale di natura e il consumismo. La tesi magistrale, da cui è tratto questo articolo, nasce a seguito di una ricerca etnografica di sette mesi svolta presso l’Associazione Spazio 3R Riciclo Ricucio Riuso Impresa Sociale.