Siamo sommersi dai racconti di sfruttamento ambientale e sociale legati all’industria della moda che quotidianamente ci raggiungono, che ci fanno pensare che non possa essere possibile un modello di business diverso. Invece non è così’: il mondo della moda può creare prosperità, inclusione, nuove opportunità. La sartoria sociale appena inaugurata all’interno della sezione femminile del Carcere di Bollate dalla Cooperativa Alice, ci racconta un’altra storia. Misurarsi con il lavoro quotidiano, i gesti manuali legati al cucito, sprigionare la creatività, può aiutare a superare le proprie fragilità. C’erano tante donne, una bella energia positiva e una buona dose di sorrisi all’inaugurazione del nuovo spazio: tutte avevano superato le barriere del carcere per entrare all’evento, emozionate come chi sente che sta prendendo parte a un momento speciale.
“Stiamo creando il cluster dell’inclusione” ha esordito Caterina Micolano, direttrice della Cooperativa Alice e co-fondatrice di Ethica Rei, il primo distretto produttivo “Made in Dignity” di sartorie sociali che formano e fanno lavorare donne appartenenti a categorie fragili. Ne fanno parte la Il Cerchio, di Venezia, che lavora anche all’interno del Carcere della Giudecca; Colori Vivi di Torino; Palingen, che opera all’interno del Carcere di Pozzuoli; Catena in Movimento, che opera all’interno della sezione maschile del Carcere di Bollate, e la sartoria terapeutica Molce, Gomito a Gomito di Bologna. Una rete di laboratori etici che si sono uniti per supportarsi, ma anche per stare sul mercato e ampliare la propria rete. “I clienti non sono clienti, ma sono progetti“, ha puntualizzato Caterina Micolano, sottolineando che l’obiettivo è creare prodotti di qualità, ma che nella valutazione della qualità vanno anche inseriti i valori che trasmettono i prodotti realizzati. Aperta grazie alla collaborazione con la Fondazione Francesco Morelli e con la Fondazione Severino, la sartoria di Bollate ha già un primo importante incarico da portare a termine: la realizzazione delle divise interne del Gruppo Florence, che ha collaborato anche alla progettazione degli spazi.
“La rieducazione in carcere seguendo modelli formativi d’impresa, significa dare un futuro a queste donne – ha commentato la Prof.sa Paola Severino, presente all’evento – Con l’On. Mariastella Gelmini stiamo lavorando a un ampliamento della legge Smuraglia, per coinvolgere le imprese in un sistema che formi i detenuti in carcere. Il carcere è un luogo di dolore, di disperazione, ma può anche essere un luogo di speranza, come ci dimostra la giornata di oggi“.
“Spesso chi si trova in stato di detenzione è più impaurito di quello che troverà una volta uscito, che del carcere stesso – ha aggiunto l’On. Mariastella Gelmini – Laddove c’è il lavoro, nel 98% dei casi non c’è recidiva. Non c’è un dentro o un fuori, ma devono esserci prove di condivisione tra questi due momenti. Abbiamo però bisogno di esempi concreti, come quello di Ethica Rei, di pionieri che possono mostrare nuove strade, che possono anche ridurre il conflitto e la rabbia che a volte si creano in queste situazioni“.
Nessuno meglio delle detenute che lavorano nella sartoria possono testimoniare l’importanza di progetti come questo. “Grazie dell’opportunità che mi date, per me qui è stato come rinascere – ha raccontato Bianca – Sono adulta, ma qui mi sento portata per mano, come faceva la mamma quando ero bambina“.
Costruirsi una nuova professionalità, scoprire nuove competenze, affrontare le scadenze del lavoro, le relazioni con gli altri: sono esperienze preziose, per chi si deve riappropriare della propria vita. Sentirsi presi per mano è la sicurezza necessaria, perché la sartoria può davvero essere l’inizio di un nuovo futuro. Lo testimonia May, che da un mese è tornata ad essere una donna libera ed è la caposala della sede milanese della Cooperativa Alice. Emozionata, dice poche parole, ma non ha bisogno di parlare. Già il fatto che sia lì, da ospite, testimonia che “si può fare” e che alla macchina da cucire si possono ancora fare delle cose buone.