Vestirsi in maniera responsabile ma senza rinunciare allo stile. Fino a qualche anno fa sembrava impensabile. Invece si può e può essere più semplice di quello che si pensa. Basta trovare il proprio stile: ne ho parlato nell’intervista di questo episodio con Antonio Mancinelli, giornalista, scrittore, critico di moda, è stato per oltre 15 anni capo redattore di Marie Claire Italia. Un testimone preziosissimo dei cambiamenti della moda italiana negli ultimi decenni, che mi ha raccontato tante storie interessanti: avrei potuto parlarci per ore! E’ appena uscito il libro “L’arte dello styling” che ha scritto con Susanna Ausoni, edito da Vallardi. Una lettura molto interessante, se volete capire meglio i segreti dello stile. Vi anticipo che essere sé stessi è sempre la scelta migliore e anche la più originale!
Quando la moda sostenibile era “triste”
Quando nel 2000 hanno iniziato a fare capolino i primi capi realizzati con materiali sostenibili, la prima parola che veniva in mente guardandoli era “triste”. Forme e colori poco definiti, frutto di una ricerca che aveva ancora molta strada da fare. Il consumatore immaginava di dover fare una scelta tra etica ed estetica. Da anni non è più così, grazie anche a tanti giovani designer che si sono approcciati a questo tema e hanno portato idee nuove, hanno sperimentato materiali e trattamenti, hanno rimesso in discussione il modo di produrre.
Cosa fa lo stylist
Ma quando desideriamo una cosa? Quando la vediamo, naturalmente, perché non tutti abbiamo un’immaginazione così allenata da capire quale potrà essere un outfit se prima non lo abbiamo visto. E qui entra in gioco lo stylist.
Il libro “l’arte dello styling” di Antonio Mancinelli e di Susanna Ausoni ci accompagna alla scoperta di questa terra di mezzo: Se gli stilisti disegnano gli abiti, gli stylist giocano con gli abbinamenti, costruiscono un immaginario a partire dalle creazioni dei fashion designer e le mixano trasformandole, lanciando messaggi e creando trend. Facciamo l’esempio delle serie: i brand stanno facendo a gara per vestirne i personaggi, perché così riescono a veicolare il proprio stile. Lo spettatore è anche un consumatore e se è incuriosito o si riconosce in un personaggio, sarà probabile che prenda spunto da come è vestito. I fatturati ci dicono che funziona proprio così.
Fatta questa premessa è evidente che lo stylist ha un ruolo molto importante anche per veicolare un approccio più responsabile alla moda. Ormai usare lo stesso vestito in occasioni diverse, magari cambiando gli accessori, non è più un tabù. Anche il vintage è finito sul red carpet in più di un’occasione: dietro quelle scelte, c’è uno stylist che, insieme con il suo cliente, ha deciso di lanciare un messaggio.
E il sustainable stylist?
Con la pandemia gli eventi sono colati a picco e allora alcuni famosi stylist statunitensi o europei hanno deciso di iniziare a fare consulenze personalizzate per i propri clienti, aiutandoli a riorganizzare il proprio armadio e a individuare una serie di outfit per la vita di tutti i giorni. La filosofia di Marie Kondo, del gettare via tutto, in questo caso è assolutamente bandita: anzi, la sfida è quella di tenere il maggior numero di cose possibili nel proprio armadio, però facendo una valutazione attenta. Quindi si tratta di un’attività di consulenza che è anche “educativa”, per fornire alcune indicazioni di consumo sostenibile, valorizzato anche brand piccoli e meno noti, ma molto attenti alla produzione responsabile.
Secondo Rachel Wang, una nota stylist, parlare di styling sostenibile è un ossimoro, perché di fatto al centro dell’attività c’è sempre l’acquisto. Lo racconta in una intervista su Atmos (mi piace molto questo sito di informazione). Lei si considera una stylist che si preoccupa di essere una persona etica, che riconosce il potere delle persone con una coscienza che rimangono all’interno del settore e sfruttano le loro connessioni di innescare il cambiamento dall’interno.
Consigli di stile responsabile
Ma ci sono delle indicazioni che possiamo seguire per costruire il nostro stile sostenibile? Ho messo insieme un po’ di consigli sensati frutto della mia ricerca.
Innanzitutto è fondamentale riconoscere l’unicità della propria forma fisica e imparare a smettere di concentrarsi sulla “taglia giusta“. Il risultato sarà amare noi stessi e i nostri vestiti come una combinazione perfetta, indipendentemente dalla nostra forma.
Fatto questo primo passo, inizia l’analisi di quello che già possediamo: dobbiamo valutare la forma, i colori e i pezzi che ci fanno sentire bene. Ci sono delle professioniste anche in Italia che aiutano a fare questo lavoro con il proprio armadio, con consulenze mirate.
Scegliere abiti a-sesasonal, che vanno bene in tutte le stagioni, è un altro gesto che ci aiuterà a rendere il nostro guardaroba più sostenibile. Vestirsi a strati è perfetto per raggiungere questo obiettivo, a condizione di scegliere il giusto spessore dei pezzi mentre si gioca con livelli e schemi diversi.
Altra sfida è quella di prendersi cura dei propri vestiti, così dureranno più a lungo. Potete rispolverare l’episodio del podcast n.31 con l’intervista a Orsola De Castro se volete approfondire questo tema. La sfida è lavarli correttamente, ma anche imparare a ripararli, inventarli, rammendarli. Tutti i nostri vestiti, anche quelli che abbiamo comprato a poco prezzo, meritano di essere trattati con cura per durare a lungo.
Quanti di voi sono caduti nella trappola del vestito per un'”occasione speciale”? Sono proprio quelli che rischiano di rimanere inutilizzati o addirittura con l’etichetta! Meglio avere un guardaroba che può adattarsi sia al giorno che alla sera, magari cambiando alcuni accostamenti.
E poi non può mancare l’attenzione alla circolarità: scambia, scegli vintage, noleggia e dona o regala i tuoi vestiti che non ami più.
La parola a Antonio Mancinelli, protagonista dell’intervista
Quando ha iniziato la moda sostenibile ad affacciarsi sulle passerelle e qual è il significato di quello che indossiamo? Sono alcune delle cose di cui ho parlato nell’intervista con Antonio Mancinelli: giornalista, scrittore e critico di moda. Oltre a scrivere, insegna in Scuole e Università, prima fra tutte l’Accademia di Costume e Moda. È stato per oltre 15 anni caporedattore di Marie Claire Italia, e ha collaborato con Vogue, Panorama, Il Foglio, D – La Repubblica delle donne e Amica. Insomma, un’autorità in materia di stile! Ascoltate l’episodio.
Cover Photo by Jazmin Quaynor on Unsplash
Solo per informazione ti segnalo che merci già’ al Porto non vengono imbarcate o sbarcate da navi che rimangono al largo in attesa… di cosa?? Riesci ad avere notizie?? Già’ col problema COVID abbiamo perso tanta efficienza alla quale si aggiunge questa coda non spiegabile e comunque non spiegata, anche se qualche motivazione possiamo presumerla!!
Grazie della segnalazione Sauro, cerco di capire