A volte il fulmine cade lontano, ma i tuoni si avvertono anche a centinaia di chilometri di distanza. E’ una regola che non vale solo in natura, ma anche nell’industria della moda. Succede così che una frana che isola una parte importante di un distretto produttivo abbia effetti importanti anche su altri territori. E’ quello che sta accadendo a Prato, in Val di Bisenzio, dove hanno sede tante aziende.
La notte di venerdì 1 marzo una grave frana si è rovesciata sulla statale 325 a Vaiano, in località Camino. Qualche giorno prima un’altra frana aveva coinvolto la statale 325 più a nord a Vernio, in località La Pusignara. Lungo questo percorso risiedono circa 18 mila persone e operano 550 aziende del distretto tessile di Prato. La strada è stata chiusa in entrambi i punti per qualche giorno. Adesso la statale 325 a La Pusignara è stata riaperta, ma la viabilità verso Prato resta chiusa. Per raggiungere Prato e soprattutto Montemurlo, dove si concentrano tante aziende tessili, è necessario salire fino al casello autostradale di Badia, uscire a Prato Ovest e da lì raggiungere Montemurlo. Ci si possono impiegare anche due e mezzo nelle ore di punta.
Come si vede bene dalla mappa, il percorso verde era quello fatto di solito per raggiungere Montemurlo da Vaiano. In rosso la strada che invece è necessario percorrere adesso, con l’interruzione lungo la statale 325.
Per i carichi più leggeri resta aperta la possibilità di seguire una strada alternativa che si inerpica su una collina per scendere di nuovo a Prato, ma è possibile solo per i furgoni, una soluzione insufficiente per tante imprese.
Un distretto produttivo funziona così: la presenza di tante aziende specializzate nelle varie lavorazioni richiede che i materiali si spostino da un’impresa all’altra. Il prodotto finito è frutto di una stretta collaborazione tra le aziende coinvolte, che si trovano a pochi chilometri di distanza, ma che adesso si sono moltiplicati.
“In Val di Bisenzio si concentrano il 90% delle tintorie e buona parte delle filature del distretto pratese – commenta Riccardo Matteini Bresci, titolare del Gruppo Colle – Questa situazione mette in difficoltà non solo noi, ma anche altre aree produttive che serviamo con il nostro lavoro: i rallentamenti causati dalla frana avranno ripercussioni anche a Biella, nelle Marche, a Bergamo e negli altri distretti”. Secondo i calcoli fatti da Matteini il solo distretto pratese può quantificare i danni prodotti da questa situazione in 50 milioni di euro al giorno. Anche la tempistica, infatti, rende tutto più complicato. “Da marzo a maggio è il periodo dell’anno in cui il distretto lavora molto. Garantire il servizio sarà difficile per tante aziende, sicuramente ci saranno dei costi più alti da sostenere. Ma non ci arrendiamo”, aggiunge Matteini.
E’ difficile fare delle previsioni sui tempi che saranno necessari per riaprire la statale 325. Qualcuno dice che tra un mese si potrà pensare di aprire con il senso unico alternato, altre voci dicono che ci vorrà almeno un paio di mesi. Altri sono ancora più pessimisti. Per adesso non si è nemmeno capito quale potrà essere l’intervento più idoneo per risistemare la situazione. Questa mancanza di prospettive rende l’emergenza più difficile da affrontare per chi deve fare i conti quotidianamente con questo nuovo ostacolo.
Quattro mesi fa l’alluvione, adesso la frana
Il 2 novembre la Val di Bisenzio era stata colpita dall’alluvione, riportando danni ingenti alle abitazioni e anche a tante imprese. Il territorio è rimasto segnato da questi eventi, è diventato più fragile. Non è la prima volta che la statale viene chiusa per un incidente o per una piccola frana, ma si è sempre trattato di poche ore. Di fatto questa strada, a due corsie, una per senso di marcia, resta l’unica via d’accesso che collega la vallata con Prato. Le altre strade sono secondarie e non adatte al traffico dei mezzi pesanti.
“Non è una strada adeguata per un distretto produttivo, lo diciamo da anni – commenta Sauro Guerri, titolare di Progetto Lana e coordinatore di una iniziativa promossa nei mesi scorsi da un gruppo di imprenditori per proporre una viabilità alternativa – Quello che è accaduto è un disastro annunciato, avvenuto in un punto che già sapevamo fosse critico”. Si è provato a fare qualche passo avanti per proporre qualche soluzione nei mesi scorsi, ma sono necessari fondi ingenti e poi si tratta di un intervento in un’area circondata dal verde. Anche l’azienda di Guerri è stata alluvionata e a distanza di così pochi mesi dover fare i conti con una nuova emergenza è difficile da affrontare. “Non sono ancora arrivati i soldi dell’assicurazione”, aggiunge Guerri, che però ha un’azienda solida e riuscirà a superare anche questo momento.
Il pensiero va invece a quelle piccole aziende che hanno affrontato con fatica l’alluvione e che adesso rischiano di chiudere con la nuova emergenza. “Per chi fa lavorazioni che hanno un basso costo al chilo, aggiungere i costi del trasporto, che sono lievitati tenuto conto dei nuovi percorsi, diventa economicamente insostenibile – commenta Moreno Vignolini, titolare della Ritorcitura Vignolini – Le piccole aziende sono a rischio, dobbiamo restare uniti e fare pressione perché venga trovata una soluzione il più presto possibile”.
Il rischio è quello di perdere posti di lavoro, ma anche di creare dei buchi nella filiera, di perdere lavorazioni strategiche per completare il ciclo produttivo. “La vallata è ancora una volta messa alla prova, ma ce la faremo”, conclude Vignolini.
Coesione e collaborazione: un distretto è anche questo
Tra Vaiano, Cantagallo e Vernio, si concentra un pezzo di storia importante del tessile pratese. Seguendo la statale 325, che costeggia il Bisenzio, si vedono fabbriche nuove, ma anche tante fabbriche storiche. Per secoli questa strada è stata strategica: da qui si doveva passare per andare da Firenze a Bologna, salendo per l’Appennino. Ci sono segni evidenti di questa transumanza. Bellissimi esempi di archeologia industriale, in alcuni casi fabbriche recuperate, che testimoniano il legame del territorio con il settore che ne ha anche segnato lo sviluppo economico. Sono monumenti al lavoro, che raccontano la storia manifatturiera del distretto: lungo il fiume, le attività tessili sono nate e si sono moltiplicate. Qui ci sono alcune delle imprese più antiche del distretto, che svolgono processi industriali importanti, difficili da spostare in altre zone, a minor rischio idrogeologico.
Questo succede nei distretti che hanno una storia, che non sono disegnati a tavolino per essere posizionati nella zona più favorevole. In centinaia di anni, una parte delle attività tessili si è sviluppata in quest’area, e forse questo le ha rese anche più resilienti.
Avere la propria attività in vallata è come far parte di un enclave esclusivo: qui le aziende collaborano, per cercare di superare le situazioni che si trovano ad affrontare. Non avrebbero superato i danni dell’alluvione se non si fossero aiutate e sarà questo spirito di collaborazione che le farà probabilmente uscire anche da questa nuova emergenza. Tutti ripetono “Non ci arrendiamo”.
Tra le tante chiamate che ho fatto, ho percepito che c’è già l’idea di creare delle spedizioni di gruppo, per utilizzare mezzi più grandi, dividere le spese e garantire il servizio. Le imprese si stanno organizzando da sole, insomma, perché non hanno tempo di aspettare.
“Questa frana è quasi peggio dell’alluvione: in quella situazione ripartire dipendeva solo dall’azienda, adesso dobbiamo aspettare che altri decidano per noi – commenta Gabriele Innocenti, titolare della Filati Omega. Gli altri in questo caso sono le autorità, Provincia e Regione in primis, che dovrebbero intervenire ma che ancora stanno facendo le verifiche sulla frana. La situazione in effetti è molto complicata.
“La concorrenza è forte, rischiamo di perdere clienti, per questo dobbiamo darci da fare, organizzarci. Dobbiamo cercare di garantire lo stesso servizio, non abbiamo scelta”, aggiunge Innocenti. “Si cerca di coordinare il lavoro, dentro e fuori l’azienda – gli fa eco Stefano Ciardi della Pantex – Non ci arrendiamo, supereremo anche questa. Ma in un mondo che parla tanto di sostenibilità, mi viene da chiedermi se anche la prevenzione e la cura del territorio non debbano essere compresi in questa voce”. Nessuno dice che la frana si poteva evitare, ma tutti sono d’accordo sul fatto che era prevedibile che sarebbe arrivata.
C’è amarezza tra gli imprenditori, che si sentono isolati. Le televisioni hanno parlato di loro nei primi giorni, ma adesso sono già passate ad altre notizie, anche se il problema in Val di Bisenzio non è risolto. Allo stesso tempo hanno però timore che questa situazione di difficoltà venga troppo urlata, non vogliono far sapere ai clienti che sono vittime di nuova emergenza. “A novembre li abbiamo chiamati per informarli dell’alluvione, adesso come si fa a comunicare che siano di nuovo in difficoltà?”, commenta qualcuno.
Troppo piccoli per essere ascoltati
E’ questa la parabola di chi è troppo piccolo per far sentire la propria voce: se sei una piccola azienda nessuno ti ascolta, sono le grandi aziende a fare rumore. E se ci sono tante piccole imprese che insieme hanno più fatturato e dipendenti di una grande azienda, non riescono lo stesso a farsi sentire, perché l’essere piccoli li rende vulnerabili di fronte a un mercato troppo competitivo.
A me questi imprenditori sembrano dei giganti, invece, nella dignità che mostrano nell’affrontare questa ennesima difficoltà, nella solidarietà che dimostrano tra loro. Mi sembra che anche questa sia sostenibilità, nel senso più elevato del termine: dietro un prodotto c’è una comunità. Speriamo che sia trovata presto una soluzione, il tessile italiano ha bisogno della Val di Bisenzio.